Nelle ultime settimane si è parlato molto di solidarietà digitale: un’iniziativa partita dal Ministero
per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, che mira a ridurre l’impatto negativo che
l’emergenza Coronavirus sta avendo per le imprese e per l’economia in generale.
L’idea è semplice, ma molto utile: creare una rete di supporto solidale (e una spinta all’innovazione
digitale) fra professionisti e aziende, attraverso la condivisione gratuita. Nella pratica funziona così:
metti a disposizione un servizio, o una consulenza, o uno strumento digitale, o una sessione di
formazione online, a titolo completamente gratuito. Contribuendo a facilitare lo sviluppo di nuove
soluzioni per ripartire alle aziende che vogliono beneficiarne—ma che in questo momento non
possono permettersi di investirci denaro—e allo stesso tempo creando nuove reti di contatti per
potenziali clienti del futuro.
Un bene per tutti, insomma. Specialmente per quegli imprenditori, e per quelle attività, che ancora
non hanno saputo rispondere alla rivoluzione digitale, e che quindi soffrono maggiormente questo
lockdown. Tantissimi professionisti, marketer, e aziende digitali hanno risposto all’appello.
Fra questi, però, c’è anche chi sta cercando di fare il furbo. Sto parlando di tutti quei formatori e
guru del marketing, alcuni dei quali molto famosi sui social, che fingono di mettere a disposizione
degli utenti dei servizi gratuiti, quando in realtà stanno solo cercando di vendere i propri prodotti. Ti
intortano attraverso webinar e lezioni gratuite (fondamentalmente scatole cinesi senza alcun vero
contenuto utile) e poi ti spingono a comprare.
Proprio l’altra sera ho partecipato, per curiosità, a uno di questi “webinar gratuiti”, tenuti da uno dei
digital marketer italiani più famosi. Che vanta milioni di euro di fatturato annui. Si presentava come
un vero e proprio regalo: un marketer di successo, che condivide le sue conoscenze sulla vendita
strategica online per aiutare gli altri a venire fuori dalla crisi.
In realtà le due ore di lezione a cui ho assistito sono state quasi completamente inutili. Un sacco di
macrotemi non approfonditi, frasi mielose sul come farsi coraggio e rincorrere il successo, e
sfoggio di risultati ottenuti (da lui e basta). Ho intuito che mi trovavo di fronte ad un funnel di
vendita, e non ad un atto di solidarietà digitale, quando ha pronunciato la seguente frase: “quando
tutti piangono, devi scegliere se piangere o se vendere fazzoletti”. Che rende bene il concetto, e la
morale, di questi “formatori”.
Alla fine del corso gratuito—senza che ci fosse stata la ben che minima condivisione di concetti
applicabili—la ciliegina sulla torta: il marketer chiedeva l’acquisto di un suo video-corso, da 1000
euro, per cominciare realmente ad imparare qualcosa.
Sono anche io una marketer, e non ho niente contro le strategie di vendita, ma non con questi
termini: non credo sia giusto sfruttare la debolezza generale del momento, per fare profitto diretto.
Se vi trovate di fronte a queste offerte, dovreste semplicemente fare marcia indietro e non
comprare. Ma come si riconosce la falsa solidarietà digitale?
Ecco alcuni punti importanti:
-L’offerta gratuita è chiara fin da subito nei contenuti: niente introduzioni pompose e fumose,
nessun post sponsorizzato in formato clickbait. Chi fa solidarietà digitale vera, annuncia subito
quali saranno i servizi che mette a disposizione, in modo trasparente.
-Si va subito al sodo: se vi iscrivete a un webinar di due ore, e vedete che l’introduzione è fatta
solamente da frasi ispirazionali sull’avere coraggio e sull’importanza del lavoro duro,
probabilmente vi trovate di fronte a un prodotto inesistente. Il webinar deve avere dei contenuti
utili: spiegazioni tecniche, esempi pratici, concetti applicabili nel lavoro reale. È una lezione, non
una presentazione.
-Niente promesse, ma fatti: proprio per il punto precedente, chi sta offrendo un vero servizio
gratuito non ha bisogno di farvi promesse. Quello che offre è già lì, non ci sarà nessun dopo. Se il
formatore, o l’erogatore del servizio, usa frasi come “vi dimostrerò”, “vedrai che”, “capirete poi”,
probabilmente sta cercando di vendervi qualcosa.
-È gratuito dall’inizio alla fine: la solidarietà digitale è end-to-end. Il servizio gratuito di cui fruite è
tutto lì, non è un antipasto. Il guadagno di chi vi sta facendo l’offerta, sta nella fidelizzazione del
cliente, non in un guadagno immediato. È un concetto che sembra facile da comprendere, ma la
verità è che ci troviamo di fronte a dei professionisti della vendita, molto convincenti, e molti utenti
fragili in questo momento potrebbero essere fregati dalle belle parole.
Detto questo, ci sono invece moltissime offerte autentiche, e utilissime alle aziende, che si sono
aggiunte a questa iniziativa. Vi invito quindi a usufruirne, e magari unirvi anche voi a questo tipo di
condivisione se potete. Aiutiamoci concretamente, e veniamone fuori insieme.